Morti bruciati vivi dopo che è stata data alle fiamme la miniera considerata abusiva nella quale erano impegnati alla ricerca di oro
I residenti dei campi di Lahmada, vicino a Tindouf, nel sud dell’Algeria, hanno denunciato che lunedì sera, 19 ottobre, due giovani saharawi sono stati uccisi dai soldati algerini mentre si trovavano in fondo ad una cava usata per l’estrazione dell’oro, non lontano dai campi profughi.
Secondo le immagini trasmesse da alcuni siti di oppositori del Fronte Polisario, le due vittime si trovavano su una grande miniera d’oro a cielo aperto, dove si trovava una quantità di attrezzature, tra cui un generatore. Ciò dimostra che l’attività non era clandestina e che i soldati algerini non potevano ignorare una presenza umana nelle trincee.
I due giovani, infatti, sono morti arsi vivi dopo che i militari hanno dato fuoco alla miniera per porre fine alle attività di estrazione d’oro considerata illegale.
L’autorizzazione alle prospezioni aurifere viene rilasciato solo ad alcuni alti funzionari della formazione armata e si teme che l’uccisione dei due giovani possa rientrare in una resa dei conti per il controllo delle miniere d’oro.
È la commissione per i diritti umani di ‘Sahrawis pour la paix’, movimento dissidente, ad annunciare per prima questo crimine dopo essere stato allertato dalle sue fonti nel cosiddetto campo di ‘Dakhla’, da dove provengono le due vittime.
Tuttavia, questo campo, completamente circondato dalle milizie del Polisario e dall’esercito algerino, è noto per essere quello dei duri oppositori, i cui abitanti sono per lo più favorevoli a un ritorno in Marocco.
Le due vittime uccise sono state identificate come Mha ould Hamdi ould Soueilem (Reguibat) e Alioune Al Idrissi (Brabiche).
Autore Redazione Arabia Felix
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