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Pulcinella, Fabio Da’ath e La Quarta Via

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Vurria sapè ched’è chesta cuscienza ca’ spisso aggia sentuto ‘a nummenà stongo speruto e fa a’ cunuscenza spiegateme che ‘vvò significà.

Aggia spiato ‘a nu maestro ‘e scola, ca tene ‘e scola all’università, m’ hà ritto figlio mio questa parola si usava tantu tiempo fà. Ora la coscienza si è disintegrata pochi songhe rimasti chilli là ca ‘a ‘sta parola restano attaccati campanne con onore e dignità.

Concordo pienamente con coloro che affermano che la coscienza umana sia la manifestazione invisibile e intangibile dell’anima. Nell’implementare la propria coscienza, si riscopre l’anima e si riprende contatto con il Sé interiore, con la Divinità.

L’anima, per l’uomo, è un inquilino che non smette mai di abitare l’involucro fisico, anzi, lo accompagna sempre in ogni attività quotidiana.

Essa, incarnandosi, conosce il tempo, l’inizio e la fine, ossia, il limite temporale nella sua piena interezza. Egli, nonostante non riesca a vedere la sua anima, sa bene che esiste e che è paziente. Definita da molti coscienza, è la vera essenza del suo contenitore, poiché lenisce le ferite e ripone la luce e l’armonia dove regna l’oscurità.

Plotino, oltre a dire che l’anima diventa ciò che contempla, afferma:

Io mi sforzo di ricondurre il Divino che è in me, al Divino che è nell’universo.

Il filosofo greco ritiene anche che la conoscenza rappresenti quella contemplazione che si pone in antitesi all’azione e che coinvolga l’anima nelle cose del mondo, negli intrichi delle passioni e la allontani dal percorso che conduce all’Assoluto, ossia, all’Uno.

Itinerario che, con maggiore o minore consapevolezza, l’anima pura aspira a riprendere poiché ricorda la beatitudine che si prova quando si vive l’eternità. Non esiste alcuna medicina capace di curare ‘’anima se non il tragitto che conduce in prossimità dell’Uno. Conversione o risalita che si compie quando ci si allontana tantissimo dalla fonte dell’emanazione e che l’uomo può effettuare perché è l’unica creatura dotata di quella libertà che gli consente di invertire la rotta, contemplare l’intellegibile e mettere insieme ciò che è disperso.

I sapienti sono in grado di ascendere verso la salvezza, tanti altri, invece, non avvertono l’esigenza di ritornare all’Uno o perché non conoscono la meta da raggiungere, o perché non sono capaci né di arrivare in prossimità della Luce, né di ammirarla.

Stamattina, ancora schiavo di un sogno notturno dalla funzione esoterica e spirituale, mi lascio circuire ed imprigionare la mente da uno strano pensiero in cui la realtà rappresenta uno specchio che proietta e fa tornare indietro ciò che si ha dentro.

È una riflessione così rilevante che non mi permette di iniziare nel giusto modo la giornata e nemmeno di assolvere, come dovrei, le normali incombenze quotidiane.

Non mi resta che chiamare il mio amico Fabio per chiedergli di seguirmi in un percorso che consenta l’avvicinamento alla conoscenza.

Fabio, contento per la mia telefonata, mi invita a recarmi al consueto terrazzo – cenacolo per traghettare emozioni, per trasferire energia da un punto all’altro e per iniziare il tanto desiderato tragitto, che oltre a essere assimilabile ad un’odissea umana, fa da preludio alla realizzazione di una crescita interiore che conduce, inevitabilmente, all’unione con il Divino.

Un viaggio che Eric J. Leed descrive come quell’esperienza costante della vita che consente di guardare il mondo attuale e quello del passato, oltre se stessi, e di interrogarsi sugli uomini e sul destino di ognuno. Un viaggio, fisico e spirituale, che consiste in un’esplorazione di nuove esperienze ed emozioni.

Raggiunto Fabio lo saluto con stima e rispetto. Come spesso accade, un colpo di vento porta entrambi in un luogo sconosciuto. Davanti a noi si para un dedalo di viuzze, che nella sua interezza appare come un labirinto, un percorso faticoso, che sembra voler custodire qualcosa di molto importante, una sorta di verità da nascondere perché non la si vuole lasciare alla mercé di chi non ha occhi per vedere né orecchie per ascoltare.

Spinti da una consistente volontà, da profonde motivazioni e da un animo ardimentoso, decidiamo di affrontare un viaggio che, anziché porsi a livello razionale, riguarda il nostro inconscio, il nostro Sé e innesca in noi una metamorfosi così consistente, che facendoci emulare Ulisse, ci induce a far vela verso la nostra terra d’origine.

Una vela che, trasformandoci in due viandanti, oltre a farci osservare, con tristezza nel cuore, i ruderi del mondo che ci circonda, ci chiede di trasformare gli stessi in cattedrali, dissolvere le sinistre nebbie e i magati silenzi.

Dobbiamo necessariamente riempire la bisaccia di coraggio e forza di volontà e, nonostante essa così colma causi sofferenza al corpo, alla mente e all’anima e sia faticosa da trasportare, grazie al suo contenuto impedisce all’esistenza stessa di sgretolarsi, poiché porta in superficie l’anima e il mondo interiore.

L’anima, appunto, rappresenta la grande protagonista, perché sfruttando l’intelligenza sensoriale del contenitore che la ospita, vibra tanto intensamente da provocare vivide emozioni.

Un’anima che, suggerendoci di utilizzare sia la corretta condotta che la necessaria attenzione, che molti definiscono filo di Arianna, ci permette di vagare, non oltre il necessario, tra i meandri dell’opera e ci consente di farci giungere prima al centro e poi all’uscita del percorso.

Essa, permettendoci di compiere il necessario lavoro interiore, impone l’ordine al caos primordiale e ci dà la possibilità di realizzare il viaggio iniziatico desiderato.

Una volta assecondato quanto richiestoci dalle nostre anime, giungendo all’uscita del labirinto, ci imbattiamo in uno spiazzo dal quale si diramano quattro strade. Ognuna è corredata da un cartello che fa emergere un particolare senso, con affisse frasi profonde e particolari che nel richiamare le normali indicazioni direzionali, provocano una forte emozione.

Il primo segnale indica La Via del Fachiro, definibile anche come La Via del Corpo, ardua e dura, in cui la lotta con gli istinti e gli automatismi del corpo diventa il fulcro del lavoro su se stessi. L’uomo che la percorre desidera ottenere un totale dominio dello spirito sulla materia e conduce un’esistenza caratterizzata dalla totale rinuncia e dal sacrificio di sé.

Il secondo La Via del Monaco, la via del cuore, dell’obbedienza e dell’annullamento della propria individualità, che si protrae fino al raggiungimento dell’estasi mistica. Questa è la strada che fa da ponte fra se stessi e il Divino e, anch’essa, per dare i suoi frutti, richiede una totale rinuncia alla vita normale, il ritiro dal mondo, una totale dedizione a Dio e ai massimi valori universali.

Il terzo La Via dello Yogi, dura, forte e potente, dove lo yogi ottiene, attraverso lunghissimi anni di autodisciplina, i massimi stati di coscienza possibili ad un essere umano. Conduce allo sviluppo della mente che domina il cuore e il corpo.

Il quarto cartello non segna nulla. La mancanza di annotazioni non ci permette di leggere tra le righe e questo ci fa riflettere molto.

Io e Fabio, tenendo conto che Giacobbe sostiene che per scalare il successivo gradino bisogna scegliere una strada e percorrerla, cerchiamo di capire su quale procedere, ma è una decisione complicata anche se siamo molto intrigati da quella indicata dal cartello vuoto, privo di legenda, perché, facendo un salto nel buio, ci permette di acquisire ulteriore conoscenza.

La scelta cade sull’ultima via e, una volta imboccatala, ci imbattiamo in un uomo seduto al bordo della strada, a gambe accavallate su di una comoda sedia, in legno naturale, che, con sobria eleganza, palesa un portamento molto naturale.

Il suo viso imperturbabile è caratterizzato da consistente calvizie, colorito olivastro e folti baffi scuri che contrastano con il volto ovale. La sua espressione è serena e gli occhi, neri come l’Onice Silicea, sembrano prima assorbire l’energia negativa e poi trasformarla in positiva, prima scrutare le tenebre e poi illuminarle.

George Ivanovič Gurdjieff

Assomiglia ad un sovrano che attende il suo popolo. Ogni suo movimento e sguardo appare improntato da una consistente importanza e un’indescrivibile dignità.

Nel momento in cui giungiamo nei suoi pressi, con gentilezza e tono affettuoso chiede:

Chi siete? Da dove provenite? Dove siete diretti?

Presi alla sprovvista, rendendoci conto che per rispondere adeguatamente alle tre domande necessitiamo di entrare in una diversa dimensione spirituale ed eseguire una vera ricerca interiore, per trovare quelle esaustive risposte che consentono d’indirizzare l’Io verso il Sé, tacciamo per qualche istante.

Quindi, con un rispetto sfumato di timore, rivolgendomi a lui con garbo affermo:

Caro signore, io mi chiamo Pulcinella, mentre il mio amico Fabio.

Per evolverci e perfezionarci, siamo soliti camminare sia su sentieri comodi che tortuosi e, oltre a cercare di accrescere la nostra comprensione, proviamo a prendere coscienza sia del percorso che di noi stessi.

Siamo intenzionati a divenire esseri cosmici, unità di corpo, d’anima e spirito. Due individui che nonostante abitino il mondo materiale, desiderano inserirsi in quel contesto ampio e profondo che collega alle leggi universali. Cerchiamo di trasformare la vita terrena in quella via evolutiva che, mediante la conoscenza, consente all’uomo di essere consapevole delle proprie prerogative, perfezionarsi e riconoscere l’insita natura divina.   

Fabio, accortosi che ho terminato, aggiunge:

Siamo due persone che oltre a pensare che come è sopra così è sotto, concordano con Paracelso quando afferma che c’è una forte similitudine tra macrocosmo e microcosmo. Crediamo esista una realtà superiore, chiamata intelligenza cosmica, Dio, Unità, che genera il mondo visibile e quello invisibile.

Il nostro interlocutore, resosi conto che Fabio non intende aggiungere altro, abbozzando un sorriso confidenziale, ma non ironico, dice:

Mi chiamo George Ivanovič Gurdjieff e sono di origine greco-armena. Sono esoterista, filosofo, scrittore, mistico, musicista e maestro di danze. Molti mi definiscono Maestro, poiché con grande carica emotiva, mentre espongo le mie idee, manifesto un carisma capace di vivificare un pensiero che è oggettivamente interpretato nel migliore dei modi.

Avete scelto la via più consona alle vostre attitudini e ai vostri desideri perché è quella che consente di giungere alla conoscenza di Sé. Le vostre sono menti che s’interrogano, quindi, siate i benvenuti.

Nonostante siate sempre alla ricerca dell’uomo nuovo che si cela in voi, alternate ancora momenti di completa libertà decisionale a momenti in cui siete esseri dormienti che non determinano la direzione della propria vita perché succubi di un condizionamento di particolari forze esterne che influenzano il vostro percorso.

Guardate sia l’interno che l’esterno, perché là fuori c’è qualcosa di strano, vedete la Luce così lontano. Durante il cammino prescelto, considerando che non è possibile ottenere il pane senza la cottura, che la conoscenza è l’acqua, il corpo è la farina e l’emozione, cioè la sofferenza, è il fuoco, anziché sprecare il vostro tempo, accumulate una buona quantità di materiale idoneo.

L’uomo, in primo luogo, non deve lamentarsi, perché crucciandosi, si priva di energia sottile che può utilizzare in modo migliore.
Il rammarico, oltre a comportare altri motivi di cui lagnarsi, inquina l’ambiente circostante. Bisogna imparare ad essere grati per le cose belle che fanno parte della vita stessa, perché, utilizzando l’energia alta, si ha la possibilità di creare corpi sottili, tra cui l’anima.

Egli, mediante la consapevolezza di sé, previo un adeguato sforzo, può fornire agli stessi corpi sottili il materiale necessario affinché questi riescano a creare quell’anima caratterizzata dalla consapevolezza di se stessa.

In secondo luogo, la Presenza consiste nella via alla Libertà. Bisogna fissare l’attenzione su se stessi; in ogni momento è necessario essere coscienti di ciò che si pensa, si sente, si desidera e si fa. La chiave, appunto, consiste nell’Essere Presenti.

Il lavoro su se stessi prende il via e termina con la pratica della propria presenza interiore, ossia, con il Ricordo di Sé. Essere Presenti significa che l’attenzione è rivolta sia verso se stessi, che in direzione di ciò che si sta compiendo. Mediante la costante osservazione, oltre a smettere di essere meccanici, si sviluppa forza di volontà. Mediante la Presenza si diventa capaci di gestire, come meglio si crede, l’apparato psicofisico.

In terzo luogo, convincetevi che l’individuo è un essere totalmente meccanico. Egli pensa che i suoi movimenti, i suoi pensieri e sentimenti siano volontari, ma si sbaglia, perché sono automatici. Subisce l’ansia quando deve affrontare un esame, non la prova volontariamente. Anziché scegliere di arrabbiarsi, è soggiogato dalla rabbia. Crede di operare una cernita, ma in realtà non è così, perché se fosse in grado di farlo, riuscirebbe a non provare più inutili e fastidiose sensazioni.     

Nel manifestare, poi, una sobria contentezza, per ciò che si accinge a farci ascoltare, aggiunge:

Ci sono momenti in cui l’uomo è simile ad un mezzo deputato al trasporto di un passeggero.
Il corpo fisico è come una carrozza che per trasportare il viaggiatore, ossia l’anima o coscienza, è trainata da cavalli, assimilabili alle emozioni. Il calesse è guidato dal cocchiere che possiamo identificare con la mente. L’anima o coscienza, lasciandosi andare ad un sonno imposto, consente alla mente e alle emozioni di gestire il corpo fisico in modo inconsapevole.  

Quando il passeggero, o anima o coscienza, dorme, il cocchiere, o mente, è confuso e non sapendo dove andare non fornisce le corrette ed idonee indicazioni ai cavalli, o emozioni. Gli equini, privi di istruzioni, conducono la vettura senza alcuna precisa direzione. Il cocchiere, ossia la mente, per sapere dove andare, prendere in mano le redini e guidare i purosangue nella direzione desiderata, ha bisogno di ascoltare la voce dell’anima.

Quando la coscienza è assopita, la mente, lasciandosi andare all’abitudine, agli schemi preconfezionati, alle credenze e a quei meccanismi insiti nell’inconscio umano, opta per la strada più facile e comoda. 

Cari miei, la mente, come un bravo cocchiere, segue sempre gli stessi “ordini” e percorre gli stessi varchi, le medesime esperienze, i soliti errori, le consuete ansie perché l’inconscio è slegato dalla ragione, memorizza, schemi, paure, pregiudizi, consuetudini sociali e processi mentali immagazzinati durante l’educazione infantile.

Ricordate che l’uomo moderno vive nel sonno, in esso nasce e muore; il sonno, infatti, è la nostra caratteristica principale. Evito di dilungarmi molto sul suo concetto, sul suo significato e sulla parte che ha nell’esistenza, ma allo stesso tempo desidero farvi riflettere su cosa può conoscere una persona che dorme. Colui che vuole realmente conoscere, deve innanzi tutto riflettere sulla maniera di svegliarsi, cioè sul modo di cambiare il suo essere.

Durante ogni mia lezione non lesino mai di dire che il passeggero non deve assopirsi, anzi, è tenuto ad essere sempre vigile perché le sue possibilità sono immense. Non è facilmente immaginabile ciò che sia capace fare quando è sveglio. Colui che si lascia andare al sonno non riesce a giungere da alcuna parte. Nella coscienza di un uomo addormentato, le sue illusioni e i suoi sogni si mescolano alla realtà. Egli, non potendo sfuggire al modo soggettivo in cui vive, non può mai fare uso di tutti i suoi poteri, quindi è costretto a vivere assiduamente solo in una piccola parte di se stesso.

Non deve addormentarsi perché ciò che semina, raccoglie. Il futuro, buono o cattivo che sia, è determinato dalle azioni del presente; in altre parole, il futuro è il risultato del passato.
Egli, in ogni momento del presente, ha il dovere di preparare il futuro, ha il compito correggere gli errori: questo è il precetto del destino, questa è la norma dalla quale scaturiscono, derivano tutte le leggi!

Il Maestro, vedendoci ammaliati, interessati e confusi, prosegue dicendo:

Cari miei, tenete sempre presente che sulla terra tutto appare scisso e duale perché essa è governata dalla Legge della Polarità. La coscienza dell’essere umano è divisa e, per questo, egli, per comprendere la propria interezza, ha bisogno del mondo circostante. La Legge della Risonanza o Legge dello Specchio, è Universale, e postula che l’ambiente limitrofo riflette, sia quando tutto procede per il meglio, sia quando la malattia e le avversità, la fanno da padrone.  

Per chi percepisce sia la proiezione che l’ombra, non esiste influsso negativo esterno che possa condizionarne la vita. Proiezione ed ombra diventano così temi fondamentali per un autentico cammino di auto conoscenza che l’essere umano è chiamato a compiere affinché possa ricondursi al suo nucleo divino, al suo Sé, vivendo la trasmutazione e l’evoluzione interiore.
Il mondo attorno a noi riproduce ciò che siamo interiormente.

Lungo questa Via cerco di insegnare che è necessario cambiare direzione, che non bisogna farsi condizionare da ciò che è esterno, che si deve eliminare il rumore di fondo che affolla la nostra mente, che bisogna ricordarsi di se stessi e che è opportuno sia essere presenti a se stessi che essere consapevoli di ciò che sta accadendo.

Questa è La Quarta Via, quella che non richiede né l’isolamento né una completa rinuncia. Chi è interessato ai miei insegnamenti, nella vita di tutti i giorni, deve prepararsi con serietà, perché solo così può impegnarsi su questa versante. Per seguirla, nel giusto modo, occorre avere la mente sgombra da preoccupazioni, barriere e impedimenti quotidiani che ostacolano il lavoro interiore.

A differenza delle altre, La Quarta Via è molto soggettiva poiché non avendo una forma definita, deve essere cercata e trovata dall’individuo.
Chi intraprende questo percorso, inizialmente sconosciuto, comprende subito che la ricerca stessa, rappresenta una prova molto difficile.
Il viandante che decide di seguire questa strada, dopo un possibile iniziale timore, si rende conto che è meno pesante di altre, perché la mancata rinuncia alla vita di sempre rappresenta la condizione ideale per proseguire nel cammino evolutivo.

Ciò, pur lavorando contemporaneamente sul corpo, sui pensieri e sulle emozioni, richiede che l’uomo comprenda ciò che sta facendo. I risultati ottenuti in tale lavoro sono proporzionali alla Coscienza che si ha di questo impegno. L’uomo, in questo caso, facendo solamente ciò che è necessario per lui e nulla che sia inutile, cerca e trova individualmente la verità.

Il nostro interlocutore, manifestando, poi, molta soddisfazione, alzando gli occhi al cielo, per vedere come è sparito il velo celato, esclama:

L’essere umano, mediante La Quarta Via e grazie alla sua Volontà, oltre a poter controllare le funzioni fisiche, intellettive ed emozionali, può perseguire lungo La Via dell’Uomo Astuto, che ne conosce gli insiti segreti. Quest’ultima consiste in un metodo capace di ridestare e sviluppare la coscienza, tant’è che coloro che studiano presso la mia scuola mi considerano un risvegliatore di uomini.

Anche se la coscienza può venire solo da sé stessa, grazie anche alla mia conoscenza esoterica, riesco a divulgare un metodo atto a risvegliare la coscienza medesima.

Con il termine coscienza intendo qualcosa che va oltre la consapevolezza ed il normale funzionamento della mente. La “capacità di coscienza” ha bisogno di una fusione armoniosa delle distinte energie della mente, del sentimento e del corpo ed è solo questo che può consentire, all’interno dell’uomo, l’azione di quelle influenze superiori associate a nozioni tradizionali quali il Nous.  

Il Nous, conosciuto anche come la “punta fine dell’anima”, la “scintilla di luce” che viene dal padre, consente l’accesso al mondo intermedio, quello né solo sensibile, né solo intellegibile.

In quanto essere incompleto, l’uomo si lascia condizionare, facilmente ed inconsciamente, dagli stimoli esterni, ma desideroso di evitarli, tramite i miei metodi, può tendere sia alla realizzazione della coscienza di sé, che alla consapevolezza di quegli attributi spirituali ascrivibili come volontà, individualità e conoscenza oggettiva. Questi criteri che concernono la sua evoluzione, inoltre, sono caratterizzati dal loro coinvolgimento in una rete d’idee cosmologiche, molto ampia e consistente.

Agli studenti che frequentano la mia scuola ricordo sempre che per comprendere e ben assimilare i miei principi, che trascrivo con fare certosino, è necessario che leggano tre volte.
La prima in solitudine, ma come si è abituati; la seconda dopo ventiquattro ore, ad alta voce, come se lo si facesse in compagnia di estranei; la terza dopo altre ventiquattro ore, sforzandosi di carpire l’essenza del contenuto e, allo stesso tempo, meditando sulle possibili conseguenze di tutto ciò che si sta decifrando.

Non mi stanco mai di ripetere loro che tutte le preghiere possono essere ascoltate dalle forze superiori ed essere esaudite, a condizione che siano recitate tre volte: la prima per il bene o per il riposo delle anime dei nostri parenti; la seconda per il bene del nostro prossimo; la terza solamente per il nostro bene.

Caro Fabio, esimio Pulcinella, prima di salutarvi, ci tengo a dirvi che il lavoro che sempre raccomando, si esegue su tre livelli: per se stessi, per il gruppo, per il Maestro.
Invece, il modello di lavoro che divulgo si può applicare a qualsiasi percorso, vero e serio, che porti alla Coscienza.

Questo incontro è stato utile sia voi che a me e, tenendo conto del vostro interessato ascolto, vi ritengo pronti a proseguire lungo questa strada. Non abbiate alcun timore, non sentitevi soli, perché il vostro Sé è sempre con voi ed è pronto a correre in vostro aiuto.

Salutato e lasciato Gurdjieff, mentre proseguiamo lungo il cammino, Fabio rimarca:

Le parole del Maestro mi fanno pensare che chi teme di essere vittima di influssi malefici dovrebbe considerare che il malocchio, la iettatura e i malefici non provengono dagli altri, ma sono frutto dell’atteggiamento con cui l’uomo si pone nei confronti del Mondo. Credo che l’individuo influenzi l’incremento o la diminuzione di felicità e disgrazie secondo la concezione che ne ha.

Colui che pensa positivo è in grado di vivere, tra stregoni e iettatori, senza temere nulla, perché il potere dei pensieri positivi è imponente ed alimenta la Legge di Attrazione; in altre parole, trasformando in realtà ciò che è già presente nell’individuo, agisce come magnete che esercita una forza in grado di cambiare il corso degli eventi. La mente ha la capacità di plasmare la vita delle persone e del mondo circostante. Un atteggiamento negativo configura negativamente la realtà, mentre uno positivo, oltre a modellarla positivamente, crea le condizioni per un incremento delle vibrazioni positive.  

Constatato che Fabio non ha altro da aggiungere dico:

Caro amico mio, le parole del Maestro mi portano alla mente l’inalienabile pensiero di Hermann Hesse: “Quando odiamo qualcuno, odiamo nella sua immagine qualcosa che è dentro di noi”.

Le parole del filosofo sono molto profonde e lasciano intendere che ciò che piace, che si ammira e che procura belle sensazioni, in realtà, rispecchia aspetti che si ospitano intimamente. Allo stesso modo, tutto ciò che è fastidioso, che non si sopporta, non è altro che il riflesso di quei lati della propria personalità che non si accettano e si rifiutano.

Hesse, forse, intende dire che tanta gente, oltre a vivere immersa in uno stato di sonno, è convinta che l’ambiente attorno a sé sia qualcosa di “esterno” rispetto all’interno, alla coscienza. Costoro si sentono completamente separati dall’esterno, sono convinti di non poter in alcun modo modificare la realtà.

Mentre il pensiero di Hesse mi riporta alla mente la famosa frase del nostro caro conterraneo, il mitico Principe de Curtis “Lei è un cretino, si specchi, si convinca”, percepisco che, come ogni notte, quando sono a letto, nel buio della mia camera, sento due occhi che mi fissano, mi scrutano e mi interrogano.

Sono gli occhi della mia coscienza che, con parole silenziose mi dicono:

Un altro passo è stato compiuto sia sulla strada della conoscenza della verità, che su quella del progresso.

Destati perché la sveglia, come sempre accade, vuole riportarti al mondo sensibile, quello della vita quotidiana.
Da troppe ore le tue pupille sono parcheggiate dove l’alfabeto riecheggia di melodie annotate in un moleskine nero, devi svegliarti!   

Tenendo conto che ‘a bbona mercanzia trova sempe n’ata via, da buon passeggero della carrozza di Georges Ivanovič Gurdjieff, mi sveglio e ritorno alla vita e ai pensieri di tutti i giorni.

Giandomenico Tiepolo, La partenza di Pulcinella, 1797, affresco. Ca' Rezzonico, Venezia

Autore Domenico Esposito

Domenico Esposito, nato ad Acerra (NA) il 13/10/1958, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali, Master in Ingegneria della Sicurezza Prevenzione e Protezione dai Rischi, Master in Scienze Ambientali, Corso di Specializzazione in Prevenzione Incendi. Pensionato Aeronautica Militare Italiana.