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Mar Mediterraneo


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Un modello per la ripresa

Siamo di fronte ad una crisi, sia sanitaria che economica, epocale, sicuramente la peggiore dal secondo dopoguerra, che coinvolge, anche se in misura diversa il mondo.

Finito il lockdown, al fine di far ripartire l’Italia, occorre una ‘Rivoluzione’ politica, economica, sociale, che dia voce a tutti gli italiani e che dia inizio ad una nuova era politica.

Chi ci governa deve essere il leader di tutti, sostenuto da una coalizione, con dei veri tecnici, che abbiano dato prova delle loro capacità nei settori di competenza e con un premier forte.

Un governo a tempo e che sfoci in libere elezioni nel periodo di un anno con un sistema proporzionale.

Naturalmente a sostegno ci dovrebbe essere un programma semplice e chiaro, che si possa concentrare in pochi punti e semplici linee guida, da attuare sia in politica estera che interna.

L’Italia, innanzitutto, deve dare prova, in campo internazionale, di quello che vale e può valere.

Pur facendo parte della Comunità Europa, organizzazione che va riformata, quello che ci può dare lustro ed importanza nel mondo, sono i trattati bi o plurilaterali, in particolare con gli altri Paesi del mediterraneo.

Occorre creare una vera unione dei Paesi del Mediterraneo; di cui facciano parte Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Malta, la ex Jugoslavia ed i paesi del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo.

Un‘unione mediterranea che generi interscambio tra questi Paesi, cercando di far valere la nostra e la loro posizione di egemonia sul Mare Nostrum.

Tutto questo può avvenire iniziando a fare quello che la Cina sta già facendo; bisogna investire nei Paesi del Nord Africa, costruendo ospedali, scuole, ferrovie, strade università; strutture che prima di tutto garantiscono a quelle popolazioni, cultura, salute, dignità sociale e lavoro.

Sono necessarie cordate internazionali di imprenditori dei vari Paesi facenti parte dell’unione, che investano nelle zone meno sviluppate, ricavandone un utile ma garantendo in contemporanea anche lavoro, istruzione e, benessere sociale e salute.

Tutto questo crea economia, genera profitto, relazioni sociali e mette gli uomini su piano paritetico a prescindere poi dai sistemi politici che li governano.

Insieme, questi Paesi possono avere una ricchezza che può competere con quella della Cina e delle altre potenze e di sicuro superiore a quella della Germania, che in Europa la fa da padrona.

Uno scenario del genere, con i suoi trattati, ci permetterà di misurarci alla pari con altre nazioni e/o continenti più ricchi, dandoci maggior rilievo internazionale e permettendo ai Paesi del Nord Africa uno sviluppo in diversi campi, che potrebbe anche abbattere la piaga dei migranti, un altro commercio per alcuni molto redditizio, ma non voglio divagare ed entrare in polemiche sterili.

La nostra dovrà essere una politica del “do ut des”, e non quella della cenerentola dell’Europa, che chiede elemosine. Naturalmente non tutto dovrà essere nella logica del guadagno, si dovrà sempre dar rilievo anche alla solidarietà. Non è facile debellare tutte le piaghe, anzi, è impossibile. Grandi con i Grandi ed Umili con gli Umili.

Necessitiamo, per attuare il programma, di una classe politica, dirigente, industriale ed intellettuale di spessore, e di un popolo, nella sua interezza, che rispetti le regole, abbia disciplina e sappia fare sacrifici mirati.

Conseguentemente, è necessario che linee guida della politica interna siano indirizzate verso i principi costituzionali più importanti; ossia, bisogna garantire la salute, il lavoro, la libertà, l’economia. Tutto ciò si ottiene con il contributo da parte di tutti, dinamica che non si crea da nulla. Si deve educare il popolo, e questo lo può fare solo un governo forte, espressione di una larga maggioranza, che da un lato chiede sacrifici ma dall’altro elargisce.

Occorre creare un’economia che sorregga le scelte della politica e motivi i sacrifici che il popolo dovrà affrontare per renderlo maggiormente recettizio alle regole.

Purtroppo il quadro economico è disastroso, ed oggi cosa facciamo? Chiediamo aiuto all’Europa e, invece della solidarietà, ci troviamo di fronte ai dinieghi dei Paesi più forti, come se il Covid-19 non riguardasse anche loro, ed al posto della solidarietà ci troviamo l’offerta di un prestito.

Nel frattempo, il governo, anziché ascoltare le idee di economisti ed industriali, si inventa 400 miliardi per ripartire, sì, ma non di liquidità; piuttosto di prestiti garantiti erogati dalle banche.

In poche parole un debito per pagare un altro debito.

Così non creiamo liquidità, ma un sistema di garanzie per gli istituti di credito, che ci costringeranno a fare un debito, garantito, per pagare altri debiti, o per compensare debiti pregressi con le stesse che non erano garantiti.

Non ne usciremo più.

In questo momento bisogna tenere conto di diverse esigenze e fattispecie, da un lato dobbiamo rilanciare l’economia e far ripartire l’Italia, dall’altro dobbiamo salvaguardare la salute. Per questo, prima di tutto, c’è bisogno di liquidità e di sostegno alle famiglie ed alle imprese, ai professionisti, magari facendosi carico delle utenze e sospendendo il pagamento delle tasse, mettendo a disposizione, le poche risorse che purtroppo abbiamo e, nel frattempo iniziare un percorso economico che generi domanda ed offerta e crei liquidità.

Molti discorsi, fatti anche da economisti ed imprenditori, non tengono conto di alcune variabili importanti. Quando finirà il lockdown e si inizierà a ripartire, sarà proprio la necessità di salvaguardare il distanziamento sociale a far tirare maggiormente il freno.

Ma vi siete chiesti con che soldi e per quali impellenti necessità o desideri compreremo vestiti, scarpe, auto, cibo di qualità? E quanto cibo da asporto ordineremo? Ma con quale voglia, animo spensierato e soldi in tasca affronteremo le vacanze che ci si prospettano e, soprattutto, quante persone potranno permettersele?

Come riparte l’economia senza mercato? Se non c’è domanda non c’è offerta e conseguentemente non si creano economia e posti di lavoro.

Nel momento in cui il Paese riaprirà, e tenuto conto che essendo la crisi globale nella migliore delle ipotesi si inizierà a ripartire nella primavera del 2021, occorrerà agire su più binari paralleli, ossia tutelare la salute, far sopravvivere i cittadini abituandoli al rigore, e qui necessitiamo di disciplina, e far ripartire l’economia.

Cosa occorre quindi?

Semplice, creare liquidità, ma non elemosine e prestiti da banche ed Europa, bisogna fare i compiti a casa, ottimizzare quello che abbiamo sempre avuto, ossia il risparmio.

Attenzione, non parlo di nessuna patrimoniale, qui non bisogna elargire nulla a nessuno, ma si deve applicare il famoso do ut des che deve ispirare politici, investitori, industriali…

Abbiamo un popolo di risparmiatori con circa 1.400 miliardi di raccolta che oggi fruttano poco e niente. Una volta i pensionati, le nonne, le casalinghe, si ancoravano ai BOT con la famosa cedola, acquistavano beni, oppure garantivano ai nipoti ed ai figli alla scadenza un gruzzoletto rivalutato. Questo oggi non c’è più.

Oggi li obblighiamo ad investire, in modo che le banche usino i loro soldi per creare ricchezza per se stesse ed il miglior prodotto che offriamo è l’assicurativo, così arricchiamo anche le compagnie, binomio perfetto, banche ed assicurazioni, quelle che non perdono mai.

Allora io mi chiedo, l’Europa ci ha tolto i vincoli? Abbiamo avuto un sistema che per il passato ha sempre funzionato, garantendo ed incentivando il risparmio e creando ricchezza e soprattutto ha permesso allo stato di crescere?

Bene, usiamolo!

Ricordatevi, non è solo una questione di ripartenza, bisogna traghettare il Paese verso la ripresa, garantendo, seppur con sacrifici e qualche rinuncia, che tutto il popolo ci arrivi e ci arrivi vivo e sazio.

Creiamo liquidità, emettiamo titoli di Stato, tanto cari agli italiani, soprattutto a quelli di una certa età ed ai pensionati.

Magari pluriennali, con redditività garantita, almeno del 2,50%, esenti da tassazioni e con cedole trimestrali. Prendiamo quei soldi ed immettiamoli in circolo; da un lato saranno stesso i risparmiatori a creare domanda, dall’altro lo Stato garantirà sussistenza a chi ha necessità, almeno fino alla famosa primavera del 2021 o per il periodo necessario, e non certo con i 600 euro.

Sempre lo Stato, oltre a finanziare opera pubbliche, e a dare assistenza a chi ne ha bisogno, presterà lui direttamente ad imprenditori, professionisti, commercianti, i soldi con un tasso fisso del 1,5%.

Ma dovranno essere prestiti mirati allo sviluppo ed all’investimento ossia al lavoro.

Del resto o li garantisci o li fai direttamente, non è che ci siano sostanziali differenze.

Naturalmente, questo sistema di finanziamento non dovrà essere concorrenziale con quello di banche e finanziarie, che continueranno ad erogare mutui o prestiti al consumo oppure a fare cessioni del quinto, ma per scopi diversi, e guadagneranno anche dalla vendita dei titoli e dal risparmio.

Inoltre, i soldi immessi sul mercato dovranno servire anche per lo sviluppo dell’Unione Mediterranea di cui parlavo prima, che a sua volta creerà altra ricchezza e posti di lavoro.

Basti pensare che se si costruisce un ospedale bisogna creare medici ed infermieri e quale cosa migliore che all’inizio ci siano medici, infermieri e docenti italiani che lavorino presso quest’ospedale e facciano in contestuale formazione.

Tutto questo crea crescita, perché da un lato lo stato fa debito, dall’altro, però, riceve interessi e soprattutto tasse. Quando c’è domanda c‘è consumo, c’è lavoro e quindi tasse.

Il sistema si alimenta da sé.

Ma per fare quello che come al solito sulla carta appare semplice, occorre anche uno Stato agile e sburocratizzato e, soprattutto, una riforma sia del sistema fiscale, che favorisca gli investimenti e debelli l’evasione ed il lavoro nero, che del sistema previdenziale e della salute pubblica.

Bisogna guardarsi intorno ed iniziare abbassare il cuneo fiscale, con interventi graduali, mirati soprattutto a favorire gli investimenti.

Se si guarda, ad esempio, al sistema fiscale maltese, si ci accorge che i cittadini pagano tutti le tasse, seppur con delle detrazioni, e che il prelievo fiscale arriva fino al 35%.

Chi ne riceve veramente vantaggio sono le LTD ossia le nostre SRL, che hanno una pressione fiscale, se ci sono i requisiti, tra il 5 ed il 7 per cento a seconda del tipo di attività, prelievo che genera ricchezza, abbinato ad un sistema previdenziale che tassa il lavoro in media del 10%.

Per quanto riguarda, poi, il sistema previdenziale, oltre a livellare il prelievo verso il basso, accanto a quello pubblico bisogna inserire un sistema previdenziale privato, gestito da grandi compagnie assicurative, ma con sedi e capitale in Italia, poiché lo stato non può permettersi di avere un esercito di cittadini senza pensioni, come pure si deve lasciare liberi i professionisti di poter scegliere tra le casse dell’ordine, la previdenza pubblica e/o quella privata.

Molti di noi non possono permettersi il lusso di lavorare fino a 75 anni e, soprattutto, l’obiettivo è di togliere un po’ di potere a chi dovrebbe tutelarci e invece pensa piuttosto al fatto suo.

Sicuramente con un poco di sana concorrenza l’offerta e la tutela migliorano.

Anche questo tipo di sistema, garantito da tutta una serie di controlli statali, creerebbe ricchezze, maggiore è la raccolta delle compagnie, maggiore sono gli utili, maggiore è il prelievo fiscale.

Accanto a questo si potrebbe lavorare per rafforzare la sanità privata, che ha avuto un ruolo importante in questo periodo, ma non come sanità convenzionata con lo Stato, quella che c’è basta.

Una sanità privata, garantita dal sistema di assicurazioni private, che lavori in parallelo con quella convenzionata e con la sanità pubblica, che non va trascurata e, soprattutto, non può essere oggetto di tagli come in passato.

Anche qui le compagnie assicurative ci andrebbero a nozze senza calcolare poi agli investimenti dell’industria farmaceutica.

Concludendo, questo è il mio pensiero, certo io non sono un’economista, ma penso che sia un’idea attorno alla quale si può lavorare, insieme ad uomini e donne che voglio creare un’Italia Nuova.

Autore Romualdo Miele

Romualdo Miele, avvocato, presidente gruppo MCS, master in diritto d'autore, esperto in marketing e comunicazioni, cultore della materia presso l'Università Parthenope di Napoli.