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Viaggio nella storia: la divinazione in Cicerone e in Livio

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Il cap. III, 5 del de nat. deorum, può essere utile per introdurre il tema della divinazione presso i Romani. I riti e gli auspici erano per i Romani fondamentali per stabilire il rapporto tra gli uomini e le divinità. Sin dalle origini i Romani ricorrevano agli auspici, istituiti da Romolo, e ai riti, introdotti da Numa.

Attraverso i riti i Romani si propiziavano gli dei, offrendo loro dei doni; attraverso le pratiche divinatorie interpretavano il messaggio delle divinità.

La comunicazione con gli dei avveniva in due modi: o si chiedevano alla divinità gli auguria impetrativa o gli dei spontaneamente inviavano gli auguria oblativa.

Erano gli àuguri preposti all’interpretazione dei segni ed avevano persino la facoltà di intervenire bloccando un’impresa pubblica dichiarando che i segni sono sfavorevoli.

In Livio, ab urbe condita, I, 18, 6-10, leggiamo che l’àugure operava accanto a chi chiedeva i segni. Egli scrutava il templum, lo spazio di cielo in cui si manifestano i segni, e controllava che non appaiano segni negativi che testimonino il disaccordo divino. I Romani traevano gli auspici alla vigilia dei momenti cruciali, come prima di partire per una campagna militare.

Il prodigium è un messaggio che gli dei mettono presentano davanti agli occhi degli uomini. Nel passo seguente Dionigi d’Alicarnasso, Ant. rom., 4, 59, descrive un τέρας θαυμαστὸν.

Si racconta che in quel luogo si verificò un mirabile prodigio: mentre scavavano le fondamenta e ormai lo scavo era sceso in profondità, fu trovata una testa di un uomo sgozzato da poco, che aveva il viso simile a quello di un uomo vivo, mentre dal taglio sgorgava sangue ancora caldo e fresco. Tarquinio, avendo visto tale prodigio, ordinò agli operai di fermare lo scavo; fatti venire gli indovini della regione, ciese loro che cosa significasse il prodigio. Dal momento che non riuscivano a fornire alcuna spiegazione, ma rimisero ai tirreni la comprensione di tali fenomeni, dopo aver fatto ricerche presso costoro  venuto a conoscenza del più famoso tra gli esaminatori di prodigi presso i tirreni, inviò da lui come ambasciatori i personaggi più stimati della città (trad. Pedullà).

 

Carmelo Cutolo

Autore Carmelo Cutolo

Carmelo Cutolo, giornalista pubblicista, dottore di ricerca in Filologia classica, docente di lettere nelle scuole di secondo grado, appassionato di poesia, di ciclismo e di calcio.