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Diario di Salvo Lo Presti

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Intervista con l’autore

Salvo Lo Presti trentaseienne, siciliano d’origine, trapiantato prima in Emilia Romagna ora nelle Marche, è uno scrittore alla sua prima esperienza poetica, dall’animo sensibile, penna sottile, intelligenza acuta. Da sempre innamorato del teatro, consegue la laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo presso l’Università degli Studi di Bologna e, parallelamente, inizia la carriera di attore teatrale collaborando con diversi registi di fama internazionale, tra cui Massimo Munaro, César Brie e Isadora Angelini.

Salvo-Lo-Presti-1Attualmente vive nelle Marche, a Cupra Marittima, dove collabora con la Compagnia Liberi Teatranti, che ricordiamo, lo scorso mese di agosto, ha trionfato nella Rassegna Teatrale Anna Bonacci alla Corte del Castello di Falconara Marittima con la commedia “Perché non me lo avete detto prima?”
In quell’occasione, Salvo ha ottenuto il premio come Miglior Attore non protagonista “Per essere riuscito a caratterizzare in modo originale il personaggio di Don Felice con un ritmo ben sostenuto”; la collega Carla Civardi, Migliore Attrice protagonista, con la motivazione: “Per aver interpretato con naturalezza il personaggio brillante di Donna Carlotta, attraverso modalità espressive e comunicative di notevole efficacia riuscendo ad entrare in empatia col pubblico”.
Salvo è inoltre socio fondatore, insieme a Carla Civardi e Gianluca Marinangeli, dell’Associazione Culturale Pianeta Palco.

La sua opera prima, Diario, pubblicata quest’anno, denota una struggente malinconia di fondo che non cede, però in alcun modo al pessimismo.
Si tratta di un percorso di vita decennale che scaturisce da un’introspezione cogente. L’ossimoro, sapientemente dosato, permea in modo impeccabile. La fragilità umana, le debolezze, la vulnerabilità, il senso di fallimento, il silenzio, eppure resta fortissima la voglia di vivere in modo pieno ogni attimo della vita, cogliendone il suo vero significato. Altrettanto necessaria l’esigenza di appropriarsi di ogni più profonda sensazione, di ogni più totale emozione.
Il “Diario” si legge tutto d’un fiato; è una lettura intensa che invita alla riflessione.
Ma facciamoci raccontare direttamente dall’autore l’intento con cui ha scritto quello che risulta poi un acuto monologo.

Perché le poesie hanno date ma non titoli? Qual è il messaggio che vuoi lanciare?

“Non voglio lanciare nessun messaggio. La scelta sta nel fatto che il libro è nato davvero dal mio Diario personale, dove ho l’abitudine di datare ogni cosa che scrivo. In seguito, ovviamente, è stato sfrondato dal superfluo e ha preso la forma del libro. Inoltre ritengo che dare un titolo a una poesia, a meno che non sia strettamente necessario alla comprensione del testo, non sia utile al lettore. Il titolo definisce qualcosa e definire significa mettere dei limiti, dei confini che impediscono al lettore di trovare qualcosa di personale all’interno del testo. Ogni poesia è scritta per un determinato istante, con uno scopo ben preciso, ma sono convinto che, a ogni persona che la legge, suscita emozioni e ricordi diversi. Scegliere di non mettere un titolo significa, per me, lasciare aperta la porta alla comprensione emozionale del testo da parte di chi legge, riducendo la parte razionale a cui il titolo inevitabilmente ci riconsegna”.

Nel “Diario” c’è una sola poesia scritta in vernacolo, come mai?

“Nell’intera raccolta c’è solo un testo scritto in siciliano (il mio dialetto di origine) che, tra l’altro, confesso di non saper parlare nemmeno così tanto bene. Ho voluto, tuttavia, confrontarmi con la lingua dei miei genitori, dei miei antenati, per stabilire un contatto ancora più vivo e potente con la mia terra”.

Ricorrenti nello scritto parole quali ‘sudore’, ‘gocce’, ‘pioggia’, che rimandano ad immagini molto vivide, c’è un motivo particolare? ‘L’acqua’ che scorre tra le dita della mano ha forse un altro significato nascosto?

“Tutte queste parole rimandano a un elemento che considero, tra tutti, il mio elemento-guida: l’acqua. Faccio spesso riferimento anche al mare o al sangue, che sono acqua, elementi liquidi.
L’acqua è la vita. Se apri le dita della mano l’acqua scorre, scivola via. Così come la vita. Una delle mie paure più grandi è quella di non riuscire a vivere a pieno la vita, sprecare il tempo che abbiamo a disposizione in attività che ci lasciano insoddisfatti. Ho sempre fatto una distinzione tra vivere e limitarsi ad esistere. Io voglio vivere”.

Usi spesso termini quali ‘incontrollato’ e ‘incontrollabile’, perché? Temi forse qualcosa ti sfugga?

“Non so se è per questo motivo, forse inconsciamente sì. Non ci avevo mai pensato. Per me essere ‘fuori controllo’ significa raggiungere degli stati emozionali molto più profondi di quelli che viviamo quotidianamente e che ci permettono di aprire le porte a una percezione intima del nostro essere, lasciandoci entrare in contatto con quella nostra parte che riteniamo inconfessabile agli altri e persino a noi stessi”.

‘Mani’ ricorre spesso, perché?

“Le mani sono la proiezione di noi stessi nello spazio circostante e nel contatto con noi stessi e con gli altri. Con le mani compiano una serie infinita di azioni e di gesti che ci qualificano agli occhi degli altri. E poi, con le mani si scrive!”

Ci sono molti luoghi, molte città. Cosa ti hanno lasciato? O erano soltanto scenari, sfondi quasi intercambiabili?

“I luoghi non sono mai scenari intercambiabili. Ognuno di essi ha un’energia diversa che ci influenza. E abbiamo il dovere di riconoscere e conservare queste energie. Ricordando la lezione di Marc Augé, oggi sicuramente esistono dei non-luoghi che lentamente stanno uccidendo l’energia primordiale che ognuno di noi ha dentro: dobbiamo farci sentinelle e pensare che tutto ciò che muta intorno a noi, pian piano, cambierà anche noi stessi. Il mio non vuole essere un nostalgico elogio del “come eravamo” ma, più semplicemente, un monito a recuperare una percezione del territorio e lottare affinché esista un criterio di bellezza sottostante. Prima le città venivano pensate, progettate e realizzate da architetti e urbanisti, ora sono solo il frutto di speculazioni che mettono al centro il profitto. Finché non prenderemo coscienza, a livello profondo, di questo aspetto, sarà difficile invertire la rotta”.

‘Vivere’, ‘vita’, ‘non vivere’, espressioni ricorrenti nelle tue poesie, cosa significa per te vivere in modo autentico?

“Vivere in modo autentico, in ultima analisi, significa, per me, non sprecare il nostro tempo. Ogni secondo che passa è un secondo che ci avvicina alla morte. Vedo la nostra vita come un enorme conto alla rovescia di cui, però, non sappiamo l’entità per cui dobbiamo approfittare di ogni istante per vivere in maniera consapevole e piena. E, sia chiaro, dico questo per primo a me stesso. Non è semplice realizzare una cosa del genere poiché spesso la vita quotidiana ci distrae e ci allontana da questo obiettivo. Tutto ciò non vuol dire vivere con pesantezza ma mettere consapevolezza di noi in quel che facciamo, portare noi stessi nelle nostre azioni e nei nostri compiti di tutti i giorni”.

Fai riferimento a Dio in due sole poesie, ma dalla tua opera traspare una profonda e complessa spiritualità. Ce ne puoi parlare?

“La spiritualità non coincide con la religione. Ognuno di noi coltiva la sua spiritualità giorno dopo giorno, attraverso le proprie scelte. La cosa che non ho mai condiviso delle religioni sono: i dogmi e il tentativo di annullamento del corpo. Entrambi mirano a un controllo sociale dell’individuo che viene soggiogato da un lato, tramite il controllo del pensiero, da verità ritenute inconoscibili e misteriose che lo rendono inferiore al divino e dall’altro, tramite il controllo del corpo, a una non approfondita conoscenza delle possibilità energetiche che possediamo. Ogni individuo ha in sé elementi divini racchiusi in un corpo che ormai non può essere più considerato semplicemente come ‘sarcofago dell’anima’ ma deve essere ripensato come una sua estensione intrinseca, profondamente e intimamente connessa al divino”.

Ringraziamo Salvo Lo Presti per le sue delucidazioni, augurandogli un grande in bocca al lupo per la sua carriera artistica e letteraria, certi che sentiremo parlare ancora molto di lui.

“Diario” è disponibile in formato cartaceo o e-book sul sito www.ilmiolibro.it al link: http://ilmiolibro.kataweb.it/libro/poesia/122529/diario-19/

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Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.