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20 maggio 1944: i due partigiani

20 maggio 1944: i due partigiani


Nessuno deve patire il freddo glaciale della dimenticanza, soprattutto se ha speso la propria vita, per salvare quella degli altri.

Campo di concentramento di Fossoli – Carpi (MO) – Emilia Romagna: anno 1944 – aprile.

I partigiani Valerio ed Enzo stanno organizzando l’ennesimo attentato al campo di Fossoli, per liberare i prigionieri che a breve saranno deportati nei lager della Polonia e della Germania. Il campo è diretto da un nuovo e giovane ufficiale delle SS, che ha un cognome al dir poco impronunciabile. Lo chiamano il colonnello dagli “occhi di ghiaccio“: giovane, appena trentenne, dalle fattezze fisiognomiche tipicamente “ariane” secondo gli standard hitleriani: tranne che per un sopraddente dell’incisivo destro.

È spietato, al dir poco mostruoso, e per quanto Fossoli sia stato per lungo tempo un campo di concentramento e non di sterminio, il colonnello dagli “occhi di ghiaccio” ama eseguire fucilazioni di prima mattina, in particolar modo di sabato, e odia i partigiani e la Resistenza che hanno costituito e formato, più di ogni altra cosa al mondo!

Valerio“, ma il suo vero nome è Andrea Tarantino, è un giovane uomo appena ventenne. Dotato di alte attitudini di comando e organizzative, nonostante la sua giovane età, è diventato in breve tempo capo partigiano. Ex studente di giurisprudenza presso la Facoltà meneghina dell’epoca, il giovane Valerio si è reso disertore nei confronti del Regio Esercito Italiano. Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943 e la notizia della cattura e della deportazione della Principessa Mafalda di Savoia al campo di sterminio di Buchenwald, nella Germania orientale, la sua fiducia primordiale nelle istituzioni è notevolmente scemata. La sua giubba verde e il suo fucile sono diventati ormai i suoi “amici” inseparabili.

La “Forza Volta alla Vostra Unione – Forza Brigata Partigiana” è il nome della brigata che capeggia.

Il racconto lucido, e certamente non sbiadito, di chi mi ha parlato di Valerio ed Enzo, ha riportato il mio personale caos nozionistico ed emozionale all’equilibrio, al fine di avere una giusta visione della realtà di ciò che è veramente accaduto e che l’oscurantismo edulcorante della parte inficiata della Storia ha causato a tante “piccole storie” che hanno consentito la salvezza di tante piccole e autentiche vite.

Gli ultimi anni del Secondo Conflitto Mondiale sono stati periodi terribili e ricolmi di orrore per l’Umanità e per le vittime tutte della shoah. Non solo gli ebrei, ma politici, cattolici, omosessuali, massoni, religiosi di credo diverso, partigiani appunto, e altre categorie di persone, hanno pagato con il proprio sangue la scelta di chi, si era messo in testa di governare il mondo e Dio!

Anche i tedeschi stessi sono stati vittime di un inganno politico e mediatico che li ha indotti a credere in uomo e in ciò che rappresentava, come la salvezza della Nazione. Non bisogna dimenticare che il Nazismo reale affonda le radici nelle dolorose perdite di sangue ed economiche causate alla Germania dal Primo Conflitto Mondiale. In questo panorama di disperazione e pestilenza, sotto la vigenza dell’iniquo Trattato di Versailles che sigillò il primo Conflitto Mondiale, l’originaria amicizia tra Hitler e Rudolf Hess diede vita al Mein Kampf che, per quanto inizialmente fosse un’attività dettata realmente dallo stato di bisogno del popolo tedesco, purtroppo, in modo quasi complementare, agganciava a tale ideale l’oscurantismo e l’occultismo dell’esoterismo nazista, che ha influito incisivamente sul reale percorso della Storia.

Valerio ed Enzo erano molto più che amici, molto di più di due genuini e legati fratelli di sangue: erano spiriti affini che lottavano per la causa comune della liberazione e del ripristino della società civile e dello Stato di diritto. Nelle loro conversazioni notturne, mentre vigilavano cautamente sui deportati del campo di concentramento di Fossoli, ignari essi stessi della vera natura esoterica e occultista del Nazismo, parlavano delle probabili azioni di guerriglia da espletare in risposta all’ingerenza nazifascista.

Non si raccontavano storie d’amore, ma tanto, molto, delle rispettive famiglie di origine. Discutevano sulle nuove reclute incorporate alla brigata e, in particolar modo, di un giovane venuto dalla campagna emiliana, un certo Federico di Faenza, che era molto spinto e deciso a dare la giusta controbattuta ai nazisti e ai fascisti. Non credevano più al re Vittorio Emanuele III, soprattutto dopo la cattura di sua figlia Mafalda deportata a Buchenwald! Osservavano la figura di Mussolini in un’ottica completamente antagonista al loro libero pensiero. In quel preciso periodo storico, nessuno, oltre i partigiani, lottava per dare forza e vigore all’Italia. La Resistenza era l’unica carta da giocare per la liberazione.

Tanti furono i sabotaggi che Enzo Tussandri e Valerio, il capo partigiano, perpetrarono alla forza nemica. Poi accadde che Enzo fu catturato dai tedeschi assieme a Federico di Faenza e furono deportati entrambi proprio a Buchenwald, dove conobbero e riconobbero la principessa Mafalda; grazie al suo aiuto fattivo aiutarono molti prigionieri a scappare dal campo di concentramento, anche se poi loro furono nuovamente acciuffati e fucilati dai nazisti.

Valerio ebbe una sorte simile, ma in Italia, proprio a Fossoli, dove aveva salvato tante vite nel corso della sua attività di capo partigiano. In un agguato ai nazisti, sette truppe partigiane su otto furono sterminate dal colonnello dagli “occhi di ghiaccio“.
L’ottava truppa, quella capeggiata da Valerio, fu l’unica a salvarsi grazie a lui. Quindici persone furono messe in salvo proprio da questo giovane moro e non molto alto, grazie al suo coraggio e alla sua audacia, ma pagò con la propria cattura prima e la sua morte dopo, il tributo per questo atto di coraggio.

Dopo una settimana di torture e sevizie per ordine del colonnello dagli “occhi di ghiaccio“, il 20 maggio del 1944, era di sabato, il giovane Valerio, alle sei del mattino, sotto un cielo plumbeo e al contempo colmo di nuvole argentee e cariche di pioggia, venne fucilato dai soldati nazisti nel campo di concentramento di Fossoli, alla vista dei prigionieri e del personale militare. Addosso aveva la sua immancabile giubba verde che, in brevi istanti, si rese purpurea del suo sangue.

Prima di morire, Valerio guardò uno per uno i suoi esecutori, fino a giungere a focalizzare, dritto nel ghiaccio degli occhi del suo antagonista, il colonnello. Imprevedibilmente gli sorrise e, con sguardo di misericordioso perdono, lasciò questo mondo, facendo insorgere nell’animo del giovane ufficiale nazista che quell’esecuzione non avrebbe cancellato né la sua memoria né il suo sacrificio: partigiano dentro e fuori!

Tutto era compiuto.

Grazie alla vivida memoria di un vecchio partigiano Valerio è tornato a vivere assieme ai suo compagni e, soprattutto, con il suo germano spirito affine Enzo Tussandri.

Nessuno deve patire il freddo glaciale della dimenticanza, soprattutto se ha speso la propria vita, per salvare quella degli altri.

Autore Antonio Masullo

Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".

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