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161 morti innocenti e mai dimenticati

Sarno


Il ricordo delle vittime travolte dalla furia della natura in un docufilm al Teatro De Lise di Sarno (SA)

Domani, 5 maggio, ricorre il venticinquennale della frana che colpì Sarno, Siano, Bracigliano, Quindici e San Felice a Cancello, causando 161 morti.

I dati ufficiali della Protezione Civile della Regione Campania parlano di 140 frane, con circa 40 colate di fango per oltre 2 milioni di metri cubi di materiale.

Le montagne che dominano Sarno e la valle circostante sono costituite da due strati geologici nettamente separati. Il substrato di base è composto da rocce calcaree estremamente compatte, ricoperto da uno piroclastico per le eruzioni del Vesuvio. I due erano tenuti insieme dalla vegetazione naturale, e anche dalle colture a “terrazze”.

L’abbandono di queste ultime negli anni ottanta e i continui incendi appiccati dai piromani hanno fatto in modo che tale unione scomparisse e, quindi, vi fosse un forte rischio di frane e smottamenti, che puntualmente avvenne tra il 5 e il 6 maggio del 1998.

Dal 2 maggio, un’imponente perturbazione si stava abbattendo incessantemente su Sarno e sui monti che la sovrastano, depositando circa circa 30 cm di pioggia; tuttavia, nessuna allerta era ancora scattata, anche perché non esisteva ancora un allarme preventivo, come avviene oggi.

Verso le 16 del 5 maggio una prima frana colpì Siano e Bracigliano. Dalla Prefettura di Salerno, l’organo preposto per operazioni di protezione civile, partirono, da subito, i soccorsi.

Un’ora dopo, iniziarono i movimenti franosi che si abbatterono su Sarno; diverse colate di detriti cominciarono a scivolare a valle, travolgendo ogni cosa al loro passaggio e radendo al suolo decine di abitazioni.

Mentre giungevano i primi soccorsi a Siano e Bracigliano, anche a Quindici, che si trova sul versante opposto, si rovesciò una valanga di melma e residui, che seppellì il centro e la frazione Casamanzi.

Dopo poco, la frazione Episcopio di Sarno fu raggiunta da un enorme colamento, che distrusse gran parte della frazione, salvaguardando il nucleo storico di epoca borbonica.

La montagna urlava e il clima era davvero apocalittico.

Nelle ore successive altri movimenti franosi causarono alcuni black-out. I primi corpi vennero estratti dalla fanghiglia, alcuni, purtroppo, senza vita, mentre i feriti furono trasportati all’ospedale Villa Malta.

La situazione assunse proporzioni catastrofiche tra le 23:30 e la mezzanotte, quando, a seguito di un boato, uno smottamento di vastissime dimensioni e con una velocità di 60 chilometri orari travolse nuovamente Sarno, invadendo il nosocomio e seppellendo, sotto il fango, due medici, tre infermieri, il portiere dell’ospedale e cinque pazienti, tra cui due bambini.

I primi elicotteri sorvolarono la zona solo dopo le 6:00, documentando uno scenario catastrofico.

In termini di vittime, Sarno è il più grave disastro idrogeologico che colpisce l’Italia negli ultimi 50 anni, dopo il Vajont nel 1963 e Stava nel 1985.

Si poteva evitare tutto questo?

Si poteva evacuare prima la popolazione?

Gli sforzi della Protezione Civile si concentrarono su Bracigliano, dove il personale paramedico di un’ambulanza, per salvarsi fu costretto a trovare riparo in una scarpata. A Quindici e Siano la situazione sembrava più grave e, dalle prime colate, i Sindaci avevano già disposto lo sgombero.

A Sarno, invece, non scattò l’allarme e le forze di polizia presenti sul territorio fecero il possibile per aiutare gli abitanti ad abbandonare le zone colpite.

Il giorno seguente i soccorsi arrivarono da tutta Italia. La ricerca dei dispersi fu svolta con il massimo coinvolgimento di uomini e mezzi. A seguire le attività in prima persona fu Franco Barberi, Sottosegretario al Ministero dell’Interno con delega alla protezione civile.

Le attività si conclusero l’8 maggio con il salvataggio di un ragazzo seppellito nella melma, l’ultimo degli scampati al cataclisma.

Tra le vittime ci fu anche un soccorritore, il vigile del fuoco Marco Mattiucci, medaglia d’oro al valore civile per l’eroismo dimostrato durante i salvataggi.

Dopo la tragedia si cercò di correre ai ripari.

Il governo emanò il Decreto Legge n.180, più noto come Decreto Sarno, successivamente convertito nella Legge n.267 del 3 agosto 1998, che determinò una decisiva accelerazione sia delle attività di perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, sia del potenziamento delle reti di monitoraggio e sorveglianza, che, prima di questo evento in Campania contavano su pochi pluviometri in telemisura, nessuno dei quali collocato nell’area di Sarno.

Oggi, invece, sono numerosi e forniscono dati in tempo reale sia al Centro Funzionale Regionale sia a quello Centrale presso il Dipartimento della Protezione Civile.

Fu, quindi, la Legge Sarno ad avviare la costruzione della rete dei Centri Funzionali, sostenendo il potenziamento della rete di monitoraggio idro-meteo-pluviometrica nazionale e la costruzione della rete radar meteorologica nazionale.

Furono costruite alcune vasca di raccolte delle acque, anche se non sempre la manutenzione viene effettuata regolarmente, al ridosso delle quali sono stati disposti dei percorsi dove è possibile praticare footing.

Esaurita la fase di prima emergenza, furono aperti alcuni procedimenti penali verso esponenti dell’amministrazione cittadina di Sarno, volti all’accertamento di eventuali responsabilità.

Il 5 maggio del 2010 il sindaco Gerardo Basile, inizialmente giudicato non colpevole in merito all’accusa di omicidio colposo plurimo nei primi due gradi di giudizio, si è visto annullare la sentenza d’appello dalla Corte di Cassazione.

Sempre la Cassazione ha esonerato il governo dal pagare le somme di risarcimento ai parenti delle vittime, individuando nel Comune di Sarno l’ente preposto ad elargirle, che, a tutt’oggi, non ha accantonato riserve da poter far fronte ai pagamenti, quando le sentenze verranno emesse, dopo oltre venti anni di dibattimento. Quindi l’Amministrazione rischia seriamente il dissesto finanziario.

Ogni cinque maggio, dunque, i sarnesi piangono 137 vittime ma, soprattutto, amici, parenti, colleghi di lavoro, compagni di scuola.

Alcuni superstiti hanno seguito un lungo percorso psicologico per liberarsi dalla “sindrome del sopravvissuto”, costretti a convivere con il senso di colpa di chi ce l’ha fatta e devastati dal punto di vista emotivo.

Permettetemi una digressione personale.

In quel maledetto giorno ho perso un caro amico, Aristide, la cui auto inghiottita dal fango, restituì il suo corpo abbracciato a quello della moglie Giovanna.

E pensare che lo avevo incontrato solo pochi giorni prima; parlammo di tutto come sempre; quando eravamo insieme quei trentacinque anni che ci separavano si annullavano.

Ci salutammo dopo aver condiviso una buona tazza di caffè, con la promessa di rivederci al mio ritorno da Milano e, invece, quello fu l’ultimo saluto. Non sono mai andato al cimitero a pregare o a portare un fiore sulla sua tomba, in fondo, per me, Aristide non è mai morto.

Quest’anno, per il venticinquennale dalla tragedia, la Protezione Civile della Regione Campania ha organizzato due esercitazioni operative il 3 maggio a Siano e il 5 e 6 maggio a Sarno, per valutare la prontezza della risposta in emergenza del sistema comunale e regionale di protezione civile rispetto a scenari di frana e colata rapida di fango, anche alla luce degli importanti cambiamenti indotti proprio da quella tragedia.

Inoltre, sabato 6 maggio, ore 20:30, presso il Teatro De Lise di Sarno verrà proiettato un docufilm su quanto accadde in quelle ore.

L’opera, scritta e diretta dai registi Elio De Filippo e Jessica Squillante, dal titolo ‘5 maggio 1998 – 25 anni dopo’, è un progetto dell’Istituto  Comprensivo – Sarno Episcopio, con il patrocinio del Sarno Film Festival e del Comune di Sarno, fortemente voluto dal Dirigente Scolastico Prof.ssa Carmela Cuccurullo e dai docenti per contrastare l’amnesia generazionale e onorare la memoria delle vittime del devastante evento geo-idrogeologico del 1998.

La prima nazionale, curata dalla direzione artistica del Sarno Film Festival, sarà preceduta da un dibattito moderato dalla redazione di Mediavox Magazine. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.

Un inno alla speranza, alla rinascita, un modo per ribadire la forza e la grande voglia di riscatto dei cittadini, ma, soprattutto, per non dimenticare.

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.

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