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100 anni di Francesco Rosi: tra neorealismo e Cinema politico

Francesco Rosi


Francesco Rosi: antesignano del Cinema di impegno civile

Il 15 novembre 1922, 100 anni fa, nasceva a Napoli Francesco Rosi, uno dei registi più innovativi della Storia del Cinema.

Come regista esordisce e si afferma, da subito, nel 1958 con ‘La sfida‘, che ottiene il Premio Speciale della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia. In quel film, girato nel mondo della malavita, che condiziona il mercato ortofrutticolo di Napoli, come nel successivo ‘I magliari’ del 1959, premiato al Festival di San Sebastián, ambientato tra venditori di stoffe e tappeti ai limiti della legalità, è già presente l’impronta cronachistica che diventerà la caratteristica del suo cinema.

In ‘Salvatore Giuliano, 1961, Orso d’argento a Berlino, l’uso di materiale di repertorio caratterizza uno stile da inchiesta giornalistica di efficacia unica nella Settima Arte, inaugurando un nuovo tipo di cinema politico, documentato e legato alla realtà più scomoda, sempre rivolto a capire il presente anche quando parte da materiali storici.

Nel 1963 Francesco Rosi ottiene la definitiva consacrazione vincendo il Leone d’oro a Venezia con ‘Le mani sulla città, film – denuncia sulle speculazioni edilizie e gli scandali durante gli anni della ricostruzione e del boom economico.

Torna a Venezia nel 1970 con un altro film di forte impegno civile, ‘Uomini contro, tratto da ‘Un anno sull’altopiano’ di Lussu, mostrando uno sguardo privo di retorica sulla prima guerra mondiale, ma allo stesso tempo caratterizzato dalla condanna netta della stupidità e disumanità di certo “militarismo”.

Mezzo secolo di Storia d’Italia in una filmografia di eccezionale qualità

Il caso Mattei, 1972, Palma d’oro a Cannes, segna il ritorno allo stile del reportage nella ricostruzione delle vicende del Presidente dell’ENI, interpretato da Gian Maria Volonté, premiato nella stessa rassegna con una Menzione speciale, fino alla sua morte in circostanze mai chiarite, gettando una luce inquietante sulle connivenze tra potere politico e oscure trame destabilizzanti.

Il successivo ‘Lucky Luciano, 1975, nuovamente con Volonté, ricostruisce gli ultimi anni di vita che il boss siciliano trascorre in Italia portando nella tomba i suoi segreti.

La ricerca costante di materiale per sviluppare il suo cinema d’impegno porta Rosi a rivolgersi in carriera a testi letterari.

In Cadaveri eccellenti, 1976, premio David di Donatello per il miglior film e la miglior regia, tratto da ‘Il contesto’ di Leonardo Sciascia, si sofferma sulla spirale del terrorismo e le compromissioni del potere.

Da Carlo Levi trae Cristo si è fermato a Eboli‘, 1979, David di Donatello per il miglior film e la miglior regia, vincitore al Festival di Mosca, premiato come miglior film straniero ai Bafta, gli ‘Oscar’ britannici.

Rosi realizza quindi Tre fratelli, 1981, in cui riflette sugli anni di piombo, David di Donatello per la miglior regia e per la miglior sceneggiatura con Tonino Guerra, Nastro d’argento per la miglior regia, e in seguito ‘Carmen’, 1984, dall’opera di Bizet, David di Donatello per il miglior film e la miglior regia.

È poi la volta di ‘Cronaca di una morte annunciata’, 1987, tratto dall’’omonimo romanzo di Gabriel García Márquez, in Concorso a Cannes, ‘Dimenticare Palermo’, 1990, scritto con Tonino Guerra e Gore Vidal, e ‘La tregua’, 1997, da Primo Levi, presentato a Cannes, premio David di Donatello per il miglior film e la miglior regia.

In gioventù, vicino agli esponenti della cultura napoletana del dopoguerra, Giuseppe Patroni Griffi, Raffaele La Capria, Antonio Ghirelli, Francesco Rosi, prima de ‘La sfida’, si forma alla scuola di Luchino Visconti affiancandolo nello straordinario ‘La terra trema’ come aiuto regista, ruolo ricoperto anche per Michelangelo Antonioni e Mario Monicelli.

Da ricordare oltre alle due pellicole dalla narrativa più classica girate tra il 1965 e il 1967, ‘Il momento della verità’, sul mondo delle corride, e ‘C’era una volta’, con Sofia Loren e Omar Sharif tratto da ‘Lu cunto de li cunti’ di Basile, le sceneggiature scritte da Rosi per ‘Bellissima’ di Visconti, ‘Processo alla città’ di Luigi Zampa, ‘Racconti Romani’ di Franciolini e ‘Il Bigamo’ di Luciano Emmer.

Nel 1992 gira per la RAIDiario Napoletano, un documentario che a trent’anni dal suo Le Mani sulla Città cerca attraverso testimonianze e immagini di verificare lo stato della città del Vesuvio, di un territorio frutto di quella devastazione cominciata durante il boom economico e proseguita senza interruzione.

L’impronta indissolubile del ‘Cittadino Rosi’ sulla Settima Arte

Francesco Rosi si è spento nella sua casa di Roma il 10 gennaio del 2015 e qualche anno dopo, nel 2019, la figlia Carolina con Didi Gnocchi ha girato un documentario dall’emblematico titolo: Citizen Rosi, Cittadino Rosi, così come fu intitolata una retrospettiva del regista a New York, titolo e omaggio per cui andava molto fiero.

‘Citizen Rosi’ non è un documentario celebrativo, anche perché il regista napoletano non lo avrebbe voluto, ma un percorso narrativo nell’opera di Francesco Rosi fatto di testimonianze e immagini che sottolineano il valore cinematografico e civile della sua filmografia in oltre mezzo secolo di storia dell’Italia.

A conferma della “straordinarietà” del lavoro di Rosi e della considerazione e del rispetto che nell’ambito cinematografico gli è sempre stato riconosciuto, è significativo riportare la dichiarazione di uno dei più grandi registi della Storia del Cinema, Federico Fellini, sicuramente agli antipodi di Francesco Rosi sul modo di concepire la Settima Arte, eppure consapevole dell’importanza e dell’impronta indissolubile del cineasta partenopeo:

Il legame del regista con Napoli è stato sempre indissolubile così come lo sguardo critico con cui non ha mai smesso di guardare alle storture della propria città natale.

La sua opera e il modo di raccontare avvenimenti del paese in maniera rigorosa a livello morale riuscendo a fare Cinema su temi sociali di stringente attualità ha influenzato generazioni di cineasti di ogni parte del mondo, e ha reso Rosi figlio di quel Neorealismo nato nel dopoguerra e padre del Cinema politico degli anni 60 e 70.

Segno distintivo del lavoro del regista napoletano è stata la capacità di raccontare eventi, persone e situazioni reali attraverso ricerca e documentazione continua e scrupolosa, senza mai dimenticare la grande lezione artigianale del buon cinema americano.

Autore Paco De Renzis

Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.

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